Wednesday, June 17, 2009

L'idolo misterioso che dava forza ai Templari

da  L'Osservatore Romano, 17 giugno 2009


Il Santo Sepolcro, il saccheggio di Costantinopoli, il processo ai frati cavalieri:  intrecciati nel tessuto della sindone

L'idolo misterioso che dava forza ai Templari

Da giovedì 18 giugno sarà in libreria il volume I Templari e la sindone di Cristo (Bologna, il Mulino, pagine 251, euro 16). Ne anticipiamo un estratto.

di Barbara Frale

Dopo il 1250, perduta ormai da decenni Gerusalemme e allontanandosi sempre più la prospettiva di recuperarla, i Templari sentirono il bisogno di mantenere un contatto fisico, concreto con i luoghi della vita di Cristo; così presero l'abitudine di farsi delle reliquie personali da portare sempre addosso come difesa contro i peccati dell'anima e i rischi della battaglia:  in fondo questo rispondeva bene alla loro fisionomia di ordine militare e religioso, e anche san Bernardo aveva sottolineato che il Templare combatte sempre su due fronti tutti i giorni della sua vita.

Durante i decenni precedenti, quando Gerusalemme e il Santo Sepolcro erano custoditi dai cristiani, i Templari si recavano nella grande basilica per celebrare particolari liturgie notturne delle quali le fonti non ci dicono nulla:  probabilmente consacravano le loro cordicelle, simbolo dei voti religiosi del Tempio, poggiandole proprio su quella pietra dove era stato deposto il cadavere di Gesù dopo la crocifissione.

Se così fu, le rendevano in tal modo inestimabili reliquie della Passione di Cristo da tenere sempre su di sé, a tutela della loro salvezza fisica e spirituale. Più tardi, perduto il Sepolcro per la riconquista del Saladino, dovettero rassegnarsi a consacrare le loro corde con qualcosa di diverso:  altri Luoghi Santi del regno cristiano che però non avevano certo lo stesso valore del Sepolcro, oppure alcune reliquie di cui l'ordine era entrato in possesso, che nella seconda metà del Duecento formavano un tesoro custodito nella città di Acri.

La voce che il misterioso "idolo" fosse conservato proprio nel tesoro di Acri circolava fra i Templari e tutto lascia pensare che la sua identità  venisse tenuta segreta alla maggioranza dei frati.    ... leggi tutto, SRM

La dignità della vita obiettivo dell'impegno pastorale e scientifico


da  L'Osservatore Romano, 17 giugno 2009


A colloquio con monsignor Zygmunt Zimowski, nuovo presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari

La dignità della vita obiettivo dell'impegno pastorale e scientifico

di Mario Ponzi

Quando decise che l'immaginetta a ricordo della sua prima messa doveva recare la frase "Vado, o Signore, per poterti servire nei poveri e nei sofferenti", il giovane sacerdote polacco Zygmunt Zimowski non avrebbe certo potuto immaginare che un giorno - lontano, allora, ben trentasei anni - la scelta di quella frase si sarebbe rivelata profetica per la sua missione sacerdotale:  guidare il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la pastorale della salute). Così quando il 18 aprile di quest'anno Benedetto XVI, sollevandolo dal governo pastorale della diocesi polacca di Radom, lo ha chiamato a presiedere l'importante dicastero, per l'arcivescovo è stato come se giungesse a maturazione l'itinerario spirituale del suo sacerdozio. "Preparare, guidare e sostenere i malati, i sofferenti e gli operatori sanitari in un mondo sempre più complesso - ha detto a "L'Osservatore Romano" - è una sfida assai impegnativa. Quello affidatomi dal Papa, è un incarico pastorale tanto delicato, quanto articolato e complesso. Devo essergli grato per la fiducia riposta in me".

Sessant'anni da poco compiuti, - è nato a Kupienin, diocesi di Tarnów il 7 aprile del 1949 - nel 1982 ha conseguito il dottorato in teologia presso la facoltà teologica dell'università Leopold Franzens di Innsbruck (Austria). Ha lavorato per molti anni presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, quando ne era prefetto l'allora cardinale Joseph Ratzinger. Nel 2002 è stato nominato vescovo di Radom, diocesi polacca con più di novecentomila anime. La sua ordinazione episcopale fu presieduta dallo stesso cardinale Ratzinger. E ora, a partire dal prossimo 1º luglio, raccoglierà l'eredità dei cardinali Angelini e Lozano Barragán alla guida del dicastero.


Lei è più conosciuto come teologo e, soprattutto in Polonia, come vescovo. Qual è la sua esperienza nel campo della pastorale per la salute, nell'assistenza ai malati e ai sofferenti ?

In realtà è proprio in questo ambito che ho vissuto momenti che hanno segnato la mia vita sacerdotale, prima in Polonia, poi in Austria e quindi in Italia, senza dimenticare il mio ministero episcopale a Radom e in seno alla Conferenza episcopale polacca. Desidero, in proposito, ricordare l'incontro con l'allora presidente di questo stesso dicastero, il cardinale Fiorenzo Angelini, avvenuto qui a Roma. Oggi posso dire di essere grato al Signore per quell'incontro, perché mi ha ulteriormente aperto la mente e il cuore a questo vasto e delicato mondo della malattia e della sofferenza e mostrato come il malato sia una delle vie più importanti dell'apostolato della misericordia, che viene percorso dalla Chiesa da oltre duemila anni. Così in me si è accresciuta la sollecitudine per gli infermi che, come vescovo di Radom, ho cercato di vivere e testimoniare.   ... leggi tutto, SRM